![]() |
Daniil Kvyat e Sebastian Vettel dopo il Gran Premio di Cina. |
Articolo originariamente scritto per Stop&Go. Puoi trovarlo qui.
Sono fioccate molte critiche e, purtroppo, molte offese nei confronti di
Daniil Kvyat, da parte di coloro che si dichiarano amanti della Formula
1 ma che dimenticano di non essere in uno stadio di calcio.
Quello di cui si è parlato tanto alla conclusione del Gran Premio di
Russia non è stato tanto la quarta vittoria stagionale di Nico Rosberg o
del recupero di Lewis Hamilton, ma del comportamento aggressivo di
Daniil Kvyat che ha portato, in seguito, Sebastian Vettel a muro. Da
quel momento la stampa italiana, i tifosi della Ferrari e coloro che si
dichiarano amanti della Formula 1 hanno criticato il pilota russo, fino
ad arrivare alle offese gratuite.
Come abbiamo già scritto sulla
nostra rubrica “Up&Down” sulla gara di Sochi, il driver della Red
Bull ha certamente sbagliato; però, a chi non può capitare? Guidare una
monoposto di Formula 1 con altre ventun vetture che ti circondano non è
facile, figuratevi chi gareggia nel WEC o in altre serie con un parco
partenti maggiore.
E’ sempre strano che quando viene coinvolto un
pilota della Rossa non nascano delle polemiche. Quando lo stesso Vettel
rischiò di rovinare la sua gara e quella di Mark Webber nel Gran Premio
di Turchia del 2010 nessuno disse nulla, mentre se parliamo del Gran
Premio del Brasile 2008 o di Petrov che bloccò Fernando Alonso nel 2010
ad Abu Dhabi bisogna dire la propria.
La scorrettezza vista da
molti è semplicemente la troppa foga che ha messo Daniil alla partenza,
dovuta anche ai ritmi forsennati che la categoria impone ai piloti allo
start, soprattutto a Sochi dove è difficile sorpassare e la gara si
gioca soltanto nelle prime curve.
Eppure, c’è chi afferma
apertamente che i piloti devono essere sempre aggressivi e regalare
spettacolo, facendo ritornare i bei tempi che furono. Dunque, quando si
parla dell’episodio avvenuto fra Ayrton Senna e Alain Prost nel Gran
Premio del Giappone del 1990 tutti son d’accordo nel dare ragione al
brasiliano, in quanto il francese l’anno prima “rubò” il titolo al
carioca. Per chi non ricordasse, Ayrton tamponò alla prima curva
l’allora pilota della Ferrari, mettendo a rischio la sua vita e quella
del rivale. Non è la stessa cosa di quel che è successo domenica?
Guardando
anche la NASCAR – campionato stock-car amato e seguitissimo negli Stati
Uniti – questi episodi sono all’ordine del giorno, con gli appassionati
che non dicono nulla e si godono lo spettacolo. L’anno scorso il
doppiato Matt Kenseth colpì il leader Joey Logano a Martinsville,
ritenendolo responsabile di una sua mancata vittoria nella stessa
stagione a causa di un contatto innescato dal secondo, mandandolo a muro
e privandolo di un sicuro posto nella lotta al titolo.
La
mentalità calcistica degli Ultras sta ormai invadendo anche altri sport e
la Formula 1 n’è un esempio lampante. Ogni anno a Monza se il vincitore
non indossa una tuta rossa viene fischiato e questo fa male a una
disciplina dove ogni pilota sfida la vita per ottenere il successo e far
divertire la gente. Non sono importanti i colori e tantomeno la
nazionalità; quel che conta è riconoscere questi cavalieri del rischio e
rispettarli, senza lanciare offese gratuite – come nel caso di Kvyat e
sulla sua pagina Facebook. Dietro la tastiera tutti leoni a dire che se
fossimo noi al volante saremo migliori, ma in verità è che non saremo
nemmeno capaci ad accenderla la vettura.
Nessun commento:
Posta un commento